Provincia autonoma di Trento

Perché camminare

Il camminare è anzitutto un percorso di sincerità, per la sua essenzialità. 

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Perché è la libertà che il viaggiatore a piedi rivendica: libertà di movimento, libertà di osservare, libertà di spirito. Non è in giro per il fine settimana e non è in vacanza: è in marcia, sulla strada scelta da lui e che affronta solo perché lo ha voluto. 

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Non è il viaggiatore che porta dentro di sé la giustificazione del viaggio ma il contrario: è il viaggio che giustifica giorno per giorno il passaggio del viaggiatore grazie all’intensità del momento vissuto e delle relazioni stabilite. 

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La necessità che il viaggio a piedi offre di riconsiderare ciò che si è veramente, fuori dai legami di appartenenza e di contesto sociale, non è certamente pregio di piccolo conto e ― come in uno specchio ― permette agli altri di percepire quello che sono e che possiedono e che non è e non possiede chi è di passaggio.

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(Nel cammino) si sciolgono gli obblighi e i legami; ci si libera e, così facendo, alla fine ci si rende disponibili ad ascoltare il canto della natura o le lamentele degli uomini, per provare una vera empatia con il mondo e non più quell'emozione effimera che oscilla secondo le notizie presentate dai mass media. 

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Viaggiare a piedi significa abbandonarsi al tempo. Vale a dire accettare totalmente quello che la natura offre, il sole e le intemperie, il caldo e il freddo, l’eccesso e l’austerità, l’esaltazione e lo scoraggiamento. 

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Il fascino del viaggio a piedi è quello di sfuggire alla routine; il fascino del viaggio a piedi è aprirsi all’ignoto. 

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Qualsiasi viaggio a piedi è una forma di pellegrinaggio, perché chi cammina, per il costante sforzo richiestogli, tende a idealizzare la destinazione che si è prefissato, al punto tale che essa acquisisce una dimensione di ordine spirituale. Il luogo agognato è, effettivamente, liberatorio, nel senso che il raggiungerlo libera il camminatore dall'istanza che lo opprimeva, vale a dire dal voto che, senza confessarlo apertamente, aveva formulato di raggiungere quel luogo con le sole proprie forze. Lo scopo raggiunto segna la fine del suo andare "sacro" e, in un certo senso, il ritorno alla vita “profana”. 

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Il viaggio a piedi rientra anche in una forma di ascesi, che avvicina chi lo inizia all'andare del pellegrino. 

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Perché allora non preferire il viaggio in bicicletta, a cavallo o in barca? Perché se è evidente che l'uomo non è fatto per camminare su lunghi percorsi, se il suo usare i sentieri costituisce anche la sua usura quando cammina, il vantaggio del camminare è infinitamente superiore a quello che si ricava da qualsiasi altra forma di locomozione. La soddisfazione è immensa, ineffabile, essere l'anima del proprio muoversi, doverlo solo a se stessi e non ai pedali e agli speroni o alla pagaia, e sapere che la propria caparbietà e la propria resistenza permettono meglio delle pezze o del calafataggio di rimediare agli inevitabili problemi meccanici del corpo in azione e di superare continuamente i propri limiti. 

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Lettore, mi piacerebbe che tu ricordassi solo una cosa alla fine di queste righe. Che né la gloria, né la ricerca di un'impresa eccezionale, né la rabbia ti animano, ma solo il desiderio di viaggiare. Non temere niente, né l'abbandono dei tuoi né quello della tua vita di oggi, né ciò che ti riservano i futuri giorni di cammino. Prendi lo zaino e traccia la tua strada, anche per un giorno, una settimana, un mese o una vita. L'amicizia occasionale diventerà il tuo cibo e la natura la tua amante. Così, quando la pioggia del cielo diventerà per te dolce come l'acqua di sorgente, il rumore del temporale prezioso come il rimbombo delle cascate, quando la danza delle fioriture delle stagioni ti porterà via, quando il caldo e il freddo ti saranno indifferenti, quando invocherai la brezza o l'harmattan perché ti diano il gusto dell'andare oltre, quando desidererai la neve perché ti faccia ritrovare il desiderio di purezza e i deserti perché affinino la tua essenzialità, conoscerai l'ebbrezza del camminare, un'ebbrezza che non fa mai male, un'ebbrezza che non finisce.

 

Tutte le citazioni sono tratte da Émeric Fisset, L’ebbrezza del camminare. Piccolo manifesto in favore del viaggiare a piedi
Ediciclo, Portogruaro, 2019, 91 pagine