Provincia autonoma di Trento
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Tappa 5 - diario del 26 agosto 2022

Il caldo in mezzo ai meleti fino a Castel Thun

 

Oggi ci aspetta la tappa da Sanzeno a Castel Thun, un lungo percorso tra meleti e castelli che inizia come ogni mattina agli stalli degli autobus su via Torre Verde a Trento. Alcuni visi sono noti, perché presenze costanti dall’inizio del cammino, e altri sono nuovi perché partecipano per la prima volta. Siamo in 28: oltre ai ragazzi ci sono anche alcuni genitori, alcuni simpatizzanti, due componenti l’Ufficio Servizio civile e un’ospite d’eccezione: la dolcissima Tina, il cane pastore di una ragazza in servizio civile.

A Sanzeno ci aspetta il consueto punto di partenza con striscioni e bandiere SCUP. Il sindaco del paese ci accoglie alle porte di Casa de Gentili, una splendida dimora storica cinquecentesca situata nel centro del paese e che — dopo la ristrutturazione da parte del comune — è divenuta un polo culturale di spicco nella valle. Il sindaco ci racconta come l’esperienza di avere un giovane in servizio all’interno del comune è un’essenziale occasione di crescita che permette momenti di confronto e scambio intergenerazionale all’interno dell’amministrazione.

Intanto si sono uniti a noi alcuni utenti ed operatori della cooperativa GSH.

Salutiamo il sindaco omaggiandolo del nostro gadget, attraversiamo l’abitato e — proprio di fronte al Museo retico — iniziamo il percorso per il santuario di San Romedio. Si tratta del notissimo “sentiero nella roccia”. Il sentiero, lungo quasi 3 km risale il profondo canyon di accesso al santuario ad un’altezza di circa 100 metri dal fondo. Sulla nostra sinistra la roccia viva mentre sulla nostra destra, appena oltre la balaustra in legno, un vertiginoso salto che dà sul torrente che sotto gorgoglia. Godiamo di diversi punti panoramici che ci permettono di avere una visuale privilegiata sulla forra e sulle montagne.

Camminando in piano lungo questo spettacolare percorso, ci fermiamo spesso a fare fotografie. Anche il nostro videomaker fa decollare il suo drone per girare le immagini suggestive del nostro transito. Ma a causa di un malfunzionamento il piccolo velivolo va a schiantarsi sulla parete rocciosa e rimbalza giù per il pendio verticale.

Non ci resta che proseguire ma appena possibile alcuni del nostro gruppo imboccano un ripido sentiero di discesa per andare a recuperare il drone. L’operazione non è semplice perché si è incastrato tra i rami di un altissimo albero. Utilizzando grosse pietre riusciamo a smuoverlo e a recuperare la macchina.

Nel frattempo il resto del gruppo prosegue la marcia e comincia la ripida salita verso l’eremo, prima su strada e poi su una lunga scalinata composta da ben 131 gradini. Sopra di noi si stagliano sul cielo azzurro le alte pareti di roccia. Finalmente arriviamo in vista delle quattro chiese costruite una sull’altra. La più antica è del XI secolo d.C., ce lo racconta Thomas, la guida designata per oggi. Il santuario è una famosa meta di pellegrinaggio che affascina tutti soprattutto per la particolare storia del santo e della leggenda che lo lega all’orso. L’animale è anche la vera star del santuario che, infatti, ha un grande recinto in cui vive un esemplare di orso bruno salvato dallo sfruttamento in un circo.

Dopo una breve pausa imbocchiamo la strada forestale che risale la montagna. Si suda ma la folta vegetazione garantisce un po’ di fresco. Finalmente attiviamo all’ampia valle dove si trovano due bacini artificiali divisi tra di loro da una diga, i laghi di Tavon e di Coredo: si vede chiaramente la carenza d’acqua che durante gli ultimi mesi ha interessato tutta l’Europa. Costeggiando la riva giungiamo in fondo al lago e imbocchiamo il “viale dei sogni”, che ci porta al centro del paese di Coredo.

Troviamo anche qui le bandiere e lo striscione SCUP, amorevolmente predisposti da Chiara e Tiziana.

È quasi mezzogiorno e sarebbe bello fermarsi per il pranzo. Ma siamo un po’ in ritardo sulla tabella di marcia e dobbiamo portarci più avanti. Usciti dal paese, camminiamo sulla strada provinciale, preceduti da un’auto della polizia locale che segnala la nostra presenza alle auto che giungono in senso contrario. Noi procediamo sul lato sinistra della carreggiata, rigorosamente in fila indiana.

È un tratto lungo, tutto su asfalto, dove (si sa) si cammina male. Siamo in mezzo ai meleti, la coltivazione intensiva del tutto predominante in valle. I frutti sono quasi pronti per la raccolta, che qualche contadino ha già iniziato: lo testimonia il transito di alcuni trattori con gli enormi cesti pieni del prezioso frutto.

Dopo alcuni km arriviamo a Castel Bragher, un bel maniero poco valorizzato. Non è ancora ora di fare la sosta: si prosegue nonostante a stanchezza. Bisogna percorrere alcune centinaia di metri lunga la statale ed attraversarla. Torniamo ad immergerci nel bosco e finalmente decidiamo di fermarci alla “balera”, una radura nel bosco un tempo trasformata in pista da ballo.

Ognuno consuma il suo pranzo al sacco e l’organizzazione garantisce anche fette di pane con spalmata nutella oppure marmellata alle ciliegie. Un rustico ma ottimo dessert.

Dopo il meritato riposo, riprendiamo il cammino ancora tra le mele e ancora camminando sull’asfalto. Superato il paese di Vion, che ci lasciamo velocemente alle spalle, il percorso riprende a salire ma su sterrato ed in mezzo al bosco. Una grossa nuvola copre il sole regalandoci per un po’ un bel sollievo.

Dopo una breve pausa all’ombra di un albero proseguiamo per una strada che si fa, fortunatamente, via via sempre più ombreggiata. L’asfalto cede il passo ad un pianeggiante sterrato, che porta alla miniera abbandonata di San Romedio (nel territorio di Mollaro) dove in passato venivano cavate diverse rocce e distillati gli scisti bituminosi per la produzione di pomate medicamentose.

Siamo di nuovo sull’asfalto e il sole riprende a scaldare. Camminiamo in discesa con il riverbero del sole che rende faticoso il cammino. Passiamo accanto a Dardine, frazione del comune di Predaia, siamo di nuovo su una strada poderale e vediamo all’orizzonte la sagoma di Castel Thun, la meta di giornata.

Fa caldo e siamo stanchi ma sappiamo di essere quasi arrivati. Riprendiamo fiato ad un capitello con l’ombra di un grande albero e riprendiamo a salire per poi ridiscendere nella forra sotto il castello. La salita sull’altro versante è davvero tosta ma la fatica è quasi finita. Imbocchiamo un sentiero in piano che arriva fino al paese di Nosino il quale si trova direttamente alle pendici della collina su cui sorge il Castello.

Si aprono davanti a noi le porte del castello, maestoso e imponente, dimora della illustre famiglia Thun. Ad accoglierci alcuni ospiti ed operatori della APSP “Cristani de Luca”, organizzazione di servizio civile che ha voluto collaborare alla buona riuscita di CamminaSCUP.

Dopo i saluti, le foto e il ricco e squisito rinfresco offerto dalla APSP, una visita guidata ci porta alla scoperta di questo luogo ricco di storia e di storie. La nostra guida, Elisa, è davvero competente e chiara nelle spiegazioni. Ci fa godere le caratteristiche del’edifico, la ricchezza del mobilio e dei soprammobili, i tanti i quadri che richiamano la storia dei Thun.

Non possiamo però dilungarci troppo, l’autobus ci aspetta e il vento inizia a soffiare forte. Stanchi (anche a causa dei tantissimi tratti su asfalto) e  con i piedi un po’ doloranti dopo ben 27 km macinati, ci dirigiamo verso Trento.

Dal finestrino dell’autobus all’orizzonte grandi nuvole scure si preparano. Il tempo sta cambiando. Il meteo per domani rimane ancora una incognita, ci faremo però trovare pronti e carichi per l’ultima tappa di questa straordinaria avventura.