Ho unito due mondi tanto lontani, con meccanismi e logiche operative molto diverse.
Abbiamo intervistato Marta Marangoni - giovane SCUP presso l'Università di Trento
- Perché hai scelto quel progetto?
Ho scelto questo progetto perché, dopo aver svolto varie esperienze - a livello di volontariato e stage - all’interno del mondo dell’accoglienza di persone richiedenti asilo, ho visto nel progetto di servizio civile “UNITRENTO PER I RIFUGIATI: UNA COMUNITÀ UNIVERSITARIA CHE ACCOGLIE, SOSTIENE, INCLUDE”, l’opportunità di poter unire due ambiti che mi interessavano molto e mi toccavano molto da vicino in quanto studentessa: l’ambito universitario e il riconoscimento titoli di studenti/studentesse rifugiati/e e il mondo dell’accoglienza. Due mondi tanto lontani, con meccanismi e logiche operative molto diverse, che quasi mai hanno l’occasione di incontrarsi in questo progetto si incontrano e si vengono incontro arricchendosi e completandosi.
- Quali erano le tue aspettative?
Mi aspettavo di riuscire a lavorare a contatto con gli/le studenti richiedenti asilo e rifugiati approfondendo il tema del riconoscimento titoli e del sistema d’accoglienza a livello trentino e nazionale.
- Cosa hai fatto per sceglierlo?
Ho letto il progetto e ho cercato di capire se il progetto faceva per me e se io potevo essere la persona adatta per la posizione che stavano cercando.
- Come sei stata selezionato/a?
Ho inviato la mia candidatura allegando le motivazioni per cui mi stavo candidando, in seguito sono stata contattata da quella che sarebbe stata la mia futura OLP e mi è stato chiesto di svolgere un colloquio conoscitivo per approfondire alcuni aspetti che potevano essere utili a me, ma soprattutto all’Ufficio Equità & Diversità dell’Università (ente presso il quale ho svolto il mio servizio civile). Durante il colloquio mi è stato chiesto di approfondire le motivazioni che mi avevano portato a presentare la mia domanda, le mie conoscenze sul tema, le aspettative che nutrivo per quel progetto e perché io sarei stata la persona più adatta.
- Come sei stata introdotto/a?
Purtroppo il mio servizio civile è iniziato e si è svolto per la maggior parte del tempo in smart-working. A causa delle condizioni in cui dovevamo lavorare sono stata introdotta agli/alle studenti del progetto e al personale dell’ufficio tramite mail e videochiamate.
- Come ti hanno accolto?
Sono stata accolta con entusiasmo e gentilezza da parte di tutto il personale dell’ufficio.
- Quali erano i tuoi compiti?
Il mio compito era quello di essere il “riferimento” per quanto riguardava l’università per gli/le studenti richiedenti e rifugiati/e parti del progetto. Per esempio li ho aiutati e supportati nella fase di iscrizione esami, ricerca tutor, iscrizioni corsi e esami di lingua, contatti con l’ente allo studio che li supportava per quanto riguarda vitto e alloggio e soprattutto supportati in questo anno di pandemia per cui mancava il contatto diretto con professori e compagni di corso. Per tanti di loro è stato particolarmente difficile seguire l’università durate questo anno perché a molti mancavano i mezzi per poter seguire la didattica a distanza, altri - oltre agli impedimenti tecnici - facevano anche fatica a capire come funzionasse il sistema universitario. Oltre all’affiancamento a studenti e studentesse mi occupavo anche di organizzazione di eventi collegati al progetto, predisposizione di determine per l’erogazione delle borse di studio e supporto nella gestione di altre attività collegate al progetto e inserite all’interno dell’ufficio di E&D.
- Cosa ti piaceva fare?
La parte che preferivo del progetto erano i momenti di diretto contatto e confronto con i ragazzi e le ragazze parte del progetto. Purtroppo un aspetto del mio servizio civile che ho quasi sempre dovuto svolgere in smart-working e che sicuramente avrebbe avuto tutta un’altra valenza se svolto in presenza.
- Cosa non ti piaceva fare?
Le attività che mi piacevano meno erano quelle più amministrative e d’ufficio: le attività legate alla predisposizione di report, resoconti, flussi organizzativi, determine di incasso e di erogazione, aggiornamento file e tabelle di lavoro. Attività necessarie per il buon funzionamento del progetto ma che a maggior ragione in un periodo di mancato contatto con i ragazzi e le ragazze pesavano ancora di più.
- Eri da sola?
Ero l’unica giovane Scup. All’interno dell’ufficio c’era un altro giovane Scup ma i contatti con lui erano molto limitati.
- Hai fatto la certificazione delle competenze?
Sì l’ho fatta, è stato un lavoro molto lungo ma che mi è stato utile e che sono sicura mi sarà utile anche per il mio futuro.
- Che ne pensi della formazione generale?
Sono stata molto soddisfatta della formazione generale; sono stati incontri che ho trovato quasi sempre molto stimolanti e interessanti e trovo che l’eterogeneità delle tematiche trattate sia un gran punto a favore della formazione generale.
- E di quella specifica?
L’ho trovata molto interessante e dettagliata, mi piacerebbe avesse avuto una maggiore continuità.
- Sei stata soddisfatta?
Sì, se devo valutare il contenuto del progetto e il coinvolgimento pensato per il servizio civile devo dire che è sicuramente un’esperienza molto interessante e stimolante.
- Consiglieresti ad un/a giovane di fare questa esperienza? Perché?
Se un/una giovane è interessato alle dinamiche che riguardano il sistema d’accoglienza combinate con un contesto come quello universitario allora sì lo consiglierei. È sicuramente un tipo di servizio civile impegnativo che chiede una certa flessibilità e prontezza nel gestire l’emergenza e la “situazione critica”.